AMALGRAB. Della morte fatata...



frammenti (cap. XXIX)



Raccontano che il primo avrebbe visto la Morte giovane dagli occhi immensi delle fanciulle che sciolgono del veleno nel fondo del bicchiere, dai capelli sciolti delle fanciulle che si lasciano portar via dall’acqua, dalle gambe lunghe delle fanciulle che spiccano il volo dai ponti, la Morte giovane dal cuore spezzato a metà delle suicide d’amore. Raccontano inoltre di lui che sarebbe stato testimone fidato dei loro sposalizi con l’eternità e che innamorato avrebbe seguito una di loro, scavalcando la finestra più alta della Città.
Raccontano del secondo che avrebbe visto la Morte di spalle e ammaliato l’avrebbe inseguita nei meandri bui della malavita, negli affronti più spregiudicati, salendo, fra sparatorie e corse spericolate, la scaletta di stellette fino al posto del Re bianco, il più altolocato nella schiera delle Autorità. Non sarebbero stati però ricchezze e onori ad allettarlo, ma il rischio estremo, spumeggiante nel sangue fino all’ebbrezza ultima dell’embolia. Non sarebbe morto sul campo di battaglia, ma per mal di fegato, spugnoso d’alcol e bile insoddisfatta.Raccontano infine del terzo che avrebbe visto la Morte bella dal viso incipriato, ciglia nero fumo e labbra rosso lacca, e infatuato a vita avrebbe fondato un’impresa fiorente di pompe funebri, offrendo a tempo debito ai suoi colleghi dei cortei capolavori d’alta arte mortuaria e dicono che sia sempre là, sposo platonico della Morte bella, in attesa di consumare il matrimonio.

illustrazione Massimiliano Ruffino

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